Rimini

 di Ulrich Seidl
Austria 2022 

 


Ci sono (pochi) momenti particolarmente significativi e poetici. Direi elementi che ricorrono e rendono significativa la pellicola. Dico pochi, perchè il tono squallido, lento e fastidioso del film non mi è piaciuto per nulla. Alcuni di questi momenti: le presenze "scure" gettate tra le cabine vuote del mare in inverno, o negli alberghi chiusi; così come la figlia del protagonista "ibridata" da un siriano; la scena iniziale che vede un anziano demente cercare di scappare dalla prigione pulita, ordinata, addobbata, della casa di riposo.

L'intento è chiaro così come la metafora. Un mondo (occidentale) in decadenza, che può solo aggrapparsi ai presunti antichi fasti dell'epoca d'oro della gioventù (gli anni sessanta?). Quei fasti, in realtà, erano assenza di empatia e umanità nei riguardi dell'altro (in particolar modo del mondo femminile), una corsa sfrenata verso la mercificazione dell'essere umano,  iniziata proprio in pieno boom economico e di cui ora paghiamo le conseguenze. Come dice esplicitamente il vecchio della casa di riposo: abbiamo quello che ci meritiamo.

Detto questo, a raccontarlo, il film stimola e fa pensare... a vederlo fa solo "ribrezzo": è quello che si prova a vedere corpi flaccidi esposti, parole sconce in bocca ad anziani intenti a fare sesso. E' la cifra stilistica di Seidl che in qualche modo ha provato ad abituare lo spettatore verso lo squallore all'interno di una cura formale rigorosa e geometrica.

Tuttavia la domanda che mi pongo ogni volta che guardo un film di questo genere (non solo di Seidl) è perchè voglio farmi del male? Alla fine del film mi sento più umano? o solo più squallido?

Da un lato il pensiero, mio, è che "anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti", dove il voi sta per io, me, lo spettatore. Dall'altro credo che pur sapendo di essere coinvolto, di sicuro non serve vedere un film del genere per acquisire una consapevolezza maggiore o per mettere in pace l'anima. Ma forse l'anima non si può mettere in pace, la consapevolezza della morte, dello squallore che è dentro ciascuno di noi, dell'ipocrisia, del brutto, del decadente sono parte dell'umanità e non si può nascondere, mettere sotto lo zerbino di una bella canzone o di una bella messinscena a lieto fine, ma va solo accettata per quello che è, un senso profondo di sconforto, forse paura per la fine. Una fine reale (del corpo e prima dell'anima), e una fine simbolica, della supposta superiorità occidentale.

Se a Richie Bravo, il cantante vichingo coperto da pelle di foca, sostituissimo Trump... be', il senso del film non muterebbe troppo, soprattutto il senso di schifo con tutta probabilità si amplificherebbe.

Detto questo, è un film che non consiglio, e che avrei preferito non guardare. Peccato, perchè, come ho scritto all'inizio, alcuni elementi sono giusti, brillanti, azzeccati.

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