Il mio nome è Jang Ja-yeon



 

In una scena di "Norigae", un film coreano del 2013 ispirato alla reale morte di Jang Ja-yeon, l'attrice, in lacrime, continua a ripetere al potente capo il suo nome: "Il mio nome è Jung Ji-hee", come per affermare la  sua esistenza come persona e non solo corpo.

Jang Ja-yeon quell'ultima sera, il giorno prima della festa delle donne del 2009, me la immagino tranquilla, che si guarda allo specchio e con calma prende la decisione di ingoiare tutti i sonniferi e di farla finita. Aveva 29 anni e la sua non brillantissima carriera di attrice era iniziata solo tre anni prima. Messa sotto contratto da una grande agenzia coreana, tenuta ferma il tempo necessario per ricattarla, usata a suon di botte come bambola gonfiabile per attori, produttori, gente varia dello spettacolo, aveva esordito in spot pubblicitari e aveva raggiunto una certa notorietà con una serie tv ("Boys Over Flowers") e un paio di film.

"Searching for elephan" è un film del 2009, Jang Ja-yeon interpreta una prostituta, usata da un uomo di successo ma con la dipendenza dal sesso extraconiugale, che la illude e poi la lascia e lei si suicida, tagliandosi le vene nella vasca da bagno. Quello che ho visto, nel film, è una donna dai tratti somatici modificati dalla chirurgia estetica, non più giovanissima, che si presta a scene di sesso abbastanza intense, come capita spesso di vedere nei film coreani. E' una prostitua, che vorrebbe cambiare vita, ma che non ce la fa ed è incastrata nel ruolo di venditirce di piacere sessuale. Il film di per se' è l'apoteosi del maschilismo coreano, le figure femminili sono appunto semplici oggetti del piacere e del bisogno maschile.Un film molto elaborato ed estetizzante, che tuttavia non sa uscire dallo stereotipo. Jang Ja-yeon comunica molto bene lo squallore di una realtà di scambio commerciale di merci e oggetti, camufata da relazioni umane.

Quel film avrà influito sullo stato mentale dell'attrice? quell'ennesima situazione, per quanto recitata, di donna usata come transazione sessuale, quanto avrà pesato sulla sua decisione di morire?


Dico questo, perchè dopo la sua morte in Corea è scoppiato lo scandalo. Nel processo che è seguito sono state portate prove e testimonianze di come l'agente dell'attrice, Kim Sung-hoon, fosse in realtà più un pappone che un agente, che l'attrice, sotto il ricatto della carriera, e sotto anche la costrizione fisica e la violenza si prostituiva con chi avrebbe potuto farla lavorare. Si è anche arrivati a coinvolgere il CEO dell'agenzia. Il processo alla fine si è concluso nel 2009 con la prigione per l'agente e l'assoluzione per gli altri imputati. Nel 2019 si è provato a riaprire il caso, anche a seguito del #MeToo coreano che, per altre vicende, ha investito anche personaggi del calibro di Kim Ki Duk, ma a quanto mi risulta, nulla è scaturito dal nuovo processo.

Il meccanismo è abbastanza tipico: il sistema individua la vittima potenziale, una donna dalla psicologia fragile, magari depressa o con bassa autostima e la incastra con contratti e ricatti fino a portarla all'annientamento finale. Il suicidio di Jang Ja-yeon era un suicidio annunciato, semplicemente nessuno era interessato a quella donna, se non al suo corpo.

Quell'ultima sera cosa avrà visto Jang Ja-yeon allo specchio? Una donna fallità, non più giovane. Avrà pensato che in quella situazione ci si è ficcata da sola, che se lo meritava. Avrà pensato di non essere all'altezza, di non poter stare al passo con le più giovani e spregiudicate attrici. Sarà riuscita a vedersi come vittima di un sistema potente e senza pietà, dominato da maschi, o avrà soltanto addossato al colpa alla sua debolezza e poca capacità? Nella lettera di addio, in cui citava nomi e indicava gli abusi subiti, scrive qualcosa del tipo: "Sono un'attrice impotente. Voglio uscire da questa agonia". Tuttavia quella lettera è stata giudicata falsa e i nomi ignorati.

Una storia molto triste che è stata ben raccontata nel film del 2013 "Norigae", dove, cambiando nomi e date, in realtà si ripercorre in modo piuttosto fedele le vicende e il conseguente processo.

Jang Ja-yeon era un essere umano come tanti, prima ancora di essere donna: con desideri, aspirazioni, quotidianità, qualità ma anche difetti. Si è ritrovata catapultata in un mondo difficile e competitivo, per certi versi barbaro e bestiale. Ma, a suo modo, ha voluto rivendicare e gridare qualcosa al mondo, ossia: "Io mi chiamo Jang Ja-yeon".

 

NB: La foto qui sopra è presa da internet, mentre le prime tre sono tratte dal film del 2009 "Searching for the elephant"

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