I dolori del giovane Sébastien


Per tutto il giorno Pervenchères è stata teatro di una grande agitazione. Bande di reclute, con i loro numeri orgogliosamente appuntati al berretto, adorni di nastri fluttuanti e di coccarde tricolori, hanno invaso le strade urlando canzoni patriottiche. Tra loro intravedo un ragazzino che conosco, il figlio di un fittavolo di mio padre. Gli domando:
«Perché canti?»
«Bob!... Canto e basta.»
«Quindi sei contento di fare il soldato?...»
«Certo che no... Canto perché cantano gli altri.»
«E gli altri perché cantano?»
«Bob!... Perché si usa così quando si parte al militare...»
«Sai con esattezza cos'è la Patria?»
L'altro mi guarda con aria attonita. Evidentemente non si è mai posto il problema.
«Ebbene, ragazzo mio, la Patria sono due o tre delinquenti che
si arrogano il diritto di fare di te qualcosa che vale meno di un uomo, meno di una bestia, meno di una pianta: un numero.» E, subito dopo, al fine di dare maggior forza alla mia argomentazione, gli strappo via il numero e glielo strofino sul suo naso da
contadino. Soggiungo:
«Vale a dire che, per imbrogli di cui tu non sai nulla e che poco t'interessano, ti privano del lavoro, dell'amore, della libertà, della vita... Mi capisci ora?»
«Mica tanto...»
Il ragazzo non mi ascolta già più e segue, con aria preoccupata, il pezzo di cartone che faccio svolazzare per aria. Timidamente mi chiede:
«Signor Sébastien, non è che ora mi ridate il mio numero?»
«Allora ci tieni al tuo numero!»    '- •
«Diamine... ci tengo sì... A casa voglio mettermelo sul camino, accanto all'immaginetta della prima comunione.»
Poi, dopo esserselo nuovamente appuntato al berretto, raggiunge il gruppo e riprende a cantare.
La sera, l'ho rivisto. Era ubriaco fradicio e aveva in mano una bandiera, le cui frange sguazzavano nel fango...
Ah, che invidia provo a volte per gli ubriachi!

Da "Sébastien Roch"
di
Octave Mirbeau
Francia 1890

(Estratto di pag. 281-292, Edizione Marsilio, traduzione di Ida Porfido, 2005)

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