di Emmanuel Carrère
2021
Lo scrittore francese è un'anima loquace che ha il dono del racconto, posizionando, di solito al centro, il proprio "io". Il suo è un io ingombrante, smisurato che tuttavia riesce a fare spazio all'altro e al mondo. Attraverso lo sguardo narrativo di Carrère, si riescono ad intuire e a comprendere realtà che altrimenti sfuggirebbero. Leggere la sua prosa permette di soffermarsi sui dettagli e sulla relazione di dettagli che di solito passerebbero inosservati. Potrei dire che Carrère distoglie l'io del lettore dalla pigrizia dell'osservazione: ci pensa l'io dello scrittore francese a cullare quell'altro io e condurlo su sentieri che non verrebbero tracciati per disattenzione, indolenza, mancanza.
Yoga è proprio questo. Conduce il lettore nell'esperienza del ritiro, fatto di silenzio e meditazione, per poi proiettarlo nel vortice delle sensazioni e delle emozioni, che sfociano in una follia esistenziale condivisibile da tutti, anche se personale e drammatica (vissuta in prima persona dall'autore). Allontanamento e avvicinamento alla vita, al flusso continuo di desiderio e rifiuto. Vorremmo avere il dono di poter osservare distaccati una tragedia, come quella dell'assasinio di umoristi e giornalisti, e al tempo stesso vivere una vita piena ed emozionante, anche solo nell'osservare un grandello di sabbia o lo scorrere del tempo.
Yoga, il libro, è al tempo stesso meditazione e gioco. Il dubbio che Carrère si diverta a strattonare il lettore dalla sua condizione di passività, prendendolo in giro, canzonandolo, illudendolo, angosciandolo, per poi ricondurlo alla dimensione di migrante dell'anima, be' sorge; spesso ci si chiede se ciò che viene raccontato sia vero, veritiero o soltanto realistico.
Carrère voleva scivere un libretto agile sulla meditazione, tanto di moda in occidente, calamita di spiriti new age e risvegli di consapevolezza umana, arrivando a ironizzare sul fatto che con un libro intitolato "yoga" avrebbe rastrellato un bel gruzzolo (cosa che del resto sta succedendo, visto il successo).
Non mi pare però completamente riuscito. E' un meta-libro sul proprio io (inteso come egocentrico autobiografismo) che non sempre riesce a liberarsi da uno stile un po' ripetitivo e da idee prevedibili. Ce lo aspettiamo che il personaggio Carrère non concluda la prima esperienza, ci aspettiamo che crolli in una crisi profonda e che ne esca affrontando i temi caldi della contemporaneità. Del resto è lui stesso a spiegarci i vari passaggi e a inserirrli nello storico della sua produzione letteraria.
Un libro brillante, non così brillante e sentito come "Vite che non sono la mia".
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