Abbandonato sulle strade di agosto

di Ito Takami
Ed. LiNDAU, 2021
Recensione

Appena uscito, nella traduzione di Massimo Soumaré, però il romanzo è del 2006. Nulla di particolarmente stimolante, ne' nella struttura, ne' nella trama. Già letto tante volte: un matrimonio che finisce, un uomo che ricorda e racconta alla collega cosa non ha funzionato. L'elemento di novità, se così vogliamo definirlo, è forse il lavoro part-time che svolge il protagonista Atsushi, ossia il rifornitore di bibite gassate dei tanti distributori automatici che infestano l'oriente. Vi assicuro che tra kombini (c'è pure un noioso romanzo recente ambientanto nel convenient store) e distributori automatici, è impossibile rimanere senza bibita o qualche junk food da masticare in Giappone. Ce ne sono pure in alta montagna, nei santuari e sul Monte Fuji.

Detto questo, il brevissimo romanzo si snoda tra le strade di una Tokyo e dintorni assolata e soffocante per il caldo e l'umidità. Il potagonista conduce una vita precaria, nell'economia come negli affetti. Si intuisce come quella precarietà sia individuale, personale, esistenziale, amorosa, poco comprensibile, per lo meno per un occidente in eterna crisi occupazionale. Un matrimonio di soli quattro anni che naufraga per motivi, in tutta sincerità, non molto chiari. Sogni non raggiunti? Aspirazioni lasciate naufragare? Incomunicabilità di coppia? Una moglie nevrotica e assente? Si, va bene, peccato che il protagonista, anche se è piuttosto loquace con la collega, non lo è con la moglie e il gentil sesso appare nevrotico, aggressivo e misterioso, senza però lasciar almeno intuire al lettore le ragioni di tutto questo.

La brevità del romanzo, non è motivata dalla ricerca di immagini e idee che in qualche modo compensino l'assenza di spiegazioni e pensieri (pur essendoci parecchi dialoghi e conversazioni), piuttosto sembra una brevità stanca, quasi fossimo appunto immersi in un'afa estiva che non permette di essere lucidi.

Forse un problema di traduzione? Non ho le competenze per giudicare. Forse una differenza culturale? Può essere. Forse è il tentativo di rappresentare un uomo che, da un lato subisce la tristezza e la malinconia della fine di una relazione, e dall'altro nemmeno comprende appieno i motivi e le ragioni, quasi fosse, appunto, un distributore di esistenza da ricaricare attraverso giri estenuanti e movimenti meccanici. Le bollicine frizzanti e zuccherate della vita come metafora del vuoto esistenziale e della superficialità ripetitiva e noiosa degli uomini giapponesi (e della società giapponese)? Tutto può essere, ma poco rimane.

Il libro ha vinto il premio Akutagawa nel 2006, premio prestigioso che venne assegnato a scrittori del calibro di  Kobo Abe, Kenzaburo Oe, Yasushi Inoue e tanti altri che non conosco (più recenti sono Yu Miri, Murakamy Ryu, e Sayaka Murata che appunto ha scritto e vinto con un terribile romanzo dal titolo: "La ragazza del convenience store"). I premi letterari spesso lasciano il tempo che trovano, ottimi strumenti per promuovere e vendere libri.



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