Febbraio 1996, Lisbona

 

La donna della foto era una malata di mente. La potevi ritrovare sul molo di Cais das Colunas davanti alla Praça do Comércio a Lisbona. Parlava da sola e faceva movimenti ossessivi. Aspettava qualcuno? Cercava di sopravvivere alla mancanza di un genitore, di un figlio, di un marito? Occupava lo spazio del molo bianco in modo composto e dignitoso. Non urlava e nemmeno si scomponeva in smorfie sgraziate. Era persa nel suo mondo di attesa, o forse soltanto concentrata. Io vagavo con la mia macchina fotografica e la pellicola in bianconero, in cerca di immagini significative. Non avevo in mente nessun progetto, se non l'idea vaga di scattare istantanee della città dimenticata (così si diceva all'epoca di Lisbona). La donna mi aveva colpito, perchè assomigliava ad una nonna acquisita del passato, secca e appuntita, dai capelli fini e bloccata su una sedia dopo una brutta caduta. Provai disagio nel fotografarla: una parte di me sapeva di dover far scattare l'otturatore meccanico, puntandolo su di lei; l'altra parte di me invece avrebbe voluto rifiutarsi. C'era un sole invernale pomeridiano e la tendina scattò ad almeno 1/250 esimo di secondo, f5.6, credo. Le ho rubato l'anima? Ma va... Le ho dato l'immortalità: chissà se qualcuno la ricorda e se la donna abbia mai icontrato chi aspettava. Io trascorsi quindici giorni a Lisbona, scattai numerosi rullini senza trovare, tuttavia, nessuna strada da percorrere.

(Fotografia: Lisbona, Praça do Comércio - 1996)

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