Better Days

di Derek Kwok-cheung Tsang
China, 2019, 136’, Putonghua


E' il film vincitore del primo premio del Far East Film Festival 2020. Tecnicamente ineccepibile, girato bene: oltre due ore di tensione, senso di ingiustizia, rabbia unite alla dolcezza dei due protagonisti, due diseredati sociali che riescono tuttavia a risollevarsi, chi con lo studio e chi con la coerenza del proprio comportamento (e sentimento). Un melodramma giovanile.
Il film avrebbe potuto scavare a fondo e rappresentare la profonda contraddizione della Cina contemporanea (e dunque delle nuove generazioni investite di grandi responsabilità). Avrebbe potuto creare "pericolosi" parallelismi tra il bullismo scolastico e il bullismo sociale (e di stato). Avrebbe potuto sottolineare le disparità sociali, di genere in un paese che ancora si definisce comunista. Tutto questo non c'e' nel film (e non potrebbe esserci vista la censura cinese). Se in qualche sequenza e ambientazione qualcosa si intuisce, dall'altra viene immediatamente annacquata dalle esigenze di melodramma e spettacolarizzazione bene/male. Non è dato sapere chi sia la bulla (capiamo che è figlia di genitori benestanti). La polizia, manco a dirlo, è rappresentata come l'autorità bella (so tutti belli i poliziotti?) e buona e intelligente che concretamente aiuta e risolve la situazione. C'è un tema che sarebbe stato possibile sfruttare per tentare di fare un po' di autocritica: ossia la necessità pragmatica di una brillante studentessa bullizzata di trovarsi un teppista come guardia del corpo. Sottolineare l'assurdità della situazione avrebbe reso il film interessante, in realtà non è nell'intento degli autori, il tutto viene vanificato dal melodramma e dalla presenza "rassicurante"dello stato (poliziesco). Rimane una messa in scena che quando non scimmiotta i film scolastici giapponesi, ogni tanto per piccole porzioni di film, riesce a comunicare un profondo senso di sconforto e desolazione: nei palazzoni tremendi, nelle abitazioni squllide e anguste, nel sottobosco della criminalità giovanile.
Non è un film credibile. A tratti è irritante per la lezione morale che vorrebbe comunicare. E' immorale parlare di bullismo se non si affronta di bullismo di stato. Il principale bullo violento in Cina è lo stato stesso, il suo apparato di repressione, la mancanza di libertà di parola, la corruzione, la totale ingiustizia nella distribuzione delle risorse e opportunità, in un paese che si dice comunista.

Il fatto che abbia vinto la dice lunga sui tempi in cui viviamo. Il pubblico ha premiato il film  senza  nemmeno rendersi conto del sottotesto, del tipo di comunicazione manipolata che transita nelle immagini e nei dialoghi? Oppure proprio per questa visione manichea e paternalistica della realtà, falsa e ipocrita come molta della produzione visiva di intrattenimento, ha contribuito a far vincere "Better days"?

Invine, una considerazione sulla figura femminile. Che fine ha fatto l'immagine dell'operaia e compagna dei tempi passati: pari agli uomini e forte di una propria posizione sociale? Che fine ha fatto la protagonista dei film di Zahng Yimou (una strepitosa Gong Li) che dalla campagna arrivava in città per far valere i propri diritti? Erano gli anni 90 e la Cina si apriva all'economia di mercato più che mai e i tempi stavano cambiando tra mille contraddizioni: bastava raccontare di questa contadina e della sua forza interiore, per comunicare le contraddizioni di un'epoca. Ora, invece, la donna è esile (pure nel fisico), giovanissima, bisognosa di protezione dell'uomo, che la segue come un fantasma (ombra rassicurante ma anche profondamente inquietante). E non può essere che una protezione violenta, quella offerta, fuori dalla legge. Infine interviene uno stato maschile che paternalisticamente appoggia la sua mano bonaria (e discriminante) sul capo della giovane donna futura insegnante di inglese.Attenzione: lo stato è come se legittimasse la protezione individuale che la ragazzina si è procacciata e che può ripagare solo con se stessa (e il proprio corpo). Potremmo sprecarci in interpretazioni maschiliste della storia e cavillare di come questa figura femminile sia finita (roitornata?) nei suoi ruoli classici di madre, insegnante, corpo.

Condensare tutto questo in un unico film è impresa ardua. L'autore (studente canadese e figlio d'arte) ci è riuscito e con i soldi di mamma Cina ha prodotto un capolavoro di distrazione di massa e propaganda.




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