Artemisia Gentileschi, pittrice


La vita di Artemisia Gentileschi è interessante. L'ho letta su Wikipedia, non sono un erudito e tanto meno un esperto di storia dell'arte. Tuttavia mi hanno colpito un po' di fatti.
Innanzitutto è una ragazza che nei primi anni del 1600 decide di dipingere e trova l'appoggio del padre pittore, che oltre a insegnarle il mestiere la elogia pubblicamente, infatti in una lettera ad una granduchessa toscana scrive quanto sia brava sua figlia. Direi cosa da non poco visto l'epoca e l'ambiente prettamente maschile delle botteghe d'arte.
«Questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere»
Poi subisce uno stupro, addirittura in casa sua ad opera del maestro pittore che il padre le ha affiancato. Un poco di buono, bravo però nel suo mestiere di cui la famiglia si fidava. Artemisia ne scrive il resoconto, insiste per denunciarlo e si farà torturare dal tribunale per dimostrare che dice il vero.

 «Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch’io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne» 
Non rinuncia alla pittura, anzi, si trasferisce prima in Toscana, poi torna a Roma, soggiorna a Venezia, a Napoli e  per breve tempo anche a Londra. Insomma una donna che viaggia e si sposta per lavorare e coltivare la sua arte. Comunque è una donna sposata e ha partorito anche due figlie.

Naturalmente le malelingue non mancavano e alla sua morte due poeti maschi ironizzarono sulla sua vita, nel classico sport maschile di attaccare sessualmente le donne che vorrebbero affermarsi nei campi prettamente maschili (basta guardare cosa succede oggi agli arbriti femmine, nei tornei maschili)
«Co'l dipinger la faccia a questo e a quello / Nel mondo m'acquistai merto infinito / Nel l'intagliar le corna a mio marito / Lasciai il pennello, e presi lo scalpello / Gentil'esca de cori a chi vedermi / Poteva sempre fui nel cieco Mondo; / Hor, che tra questi marmi mi nascondo, / Sono fatta Gentil'esca de vermi»
Colpisce il suo quadro più famoso. Giuditta che decapita Oloferne, in due edizioni del 1613 e del 1620. Mi piace di più la prima edizione. Dove due donne, serva e padrona, sono quasi alla pari e collaborano alla macellazione del maschio. Il quadro è stato dipinto subito dopo il processo e lo stupro e si ipotizza che fosse la reazione alla violenza subita.
In quel quadro, lo sguardo di oggi (quindi non di critico storico e filologico) può vedere che solo la collaborazione femminile può portare all'uccisione del patriarcato, del dominio maschile nella vita delle donne,di qualsiasi ordine sociale. Le donne collaborano, non competono. E il loro sguardo è professionale e sicuro, non iroso e passionale.
Tanto di cappello, ricordo, era il 1613.

- tutti i dettagli su Wikipedia :-)

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