Cinisi, Palermo: caduti nella lotta alla mafia |
Se avessi la solidarietà dei familiari, degli amici, della società civile, di una certa parte della politica, be', forse potrei farcela, potrei andare a processo, cercare di incastrare e far arrestare chi mi ha minacciato, chi ha tentato di ridurmi al silenzio. Ma se fossi solo? se i miei vicini di negozio non mi rivolgessero piu' la parola? Se i famigliari avessero troppa paura e mi chiedessero di smettere il muso contro muso? Ovvio, non riuscirei a sopportare tutto questo: nella migliore delle ipotesi chiuderei bottega e mi trasferirei di casa, lontano, il piu' possibile, in un paese piu' civile e sicuro. Nella peggiore? Pagherei e starei zitto, farei parte del sistema, avrei il mio business e le tasse invece di pagarle allo stato le pagherei a loro, agli individui organizzati e violenti.
Quando leggo di persone che si battono contro il pizzo e dunque contro la mafia, sono stupito e meravigliato: "dove trovano tutta questa forza e questa energia?", mi chiedo e continuo: "Anche loro sono nati qui, in questo paese dove si sa come vanno le cose... perche' si ribellano, rovinandosi la vita e gli affetti e le amicizie e la salute?". Forse basterebbe veramente poco per scardinare il poterei di chi ha deciso di avere il potere: non servono armi o chissa' che cosa, basta la volontà. Come mi pare scriveva Saviano in Gomorra, cio' che fa paura alla mafia è la volontà di non essere mafioso, l apossibilità dell'alternativa. E per questa alternativa basterebbero le forze dell'ordine, e la volontà e il sostegno di una politica non collusa e non invischiata in quella mentalità (nella migliore delle ipotesi solo invischiata). La storia siamo noi, è proprio il caso di dirlo.
Leggendo "Bentivoglio, storia di un commerciante antimafia" di Franco Cufari e Lucio Musolino sul "Fatto Quotidiano" di martedì 22 febbraio 2011
Commenti